Avete mai avuto dubbi sull'autenticità di un prodotto?
Daniele Russo su Dec 13, 2019

Avete mai avuto dubbi sull'autenticità di un prodotto?
Black friday 2019.
Una qualsiasi via della moda, un negozio di abiti firmati o un centro commerciale della vostra città. Acquistate un capo del vostro brand preferito in un outlet store. Tutta roba originale, il miglior artigianato tessile. Siete contenti, risparmiare e ottenere l'alta qualità made in Italy non è un affare da tutti i giorni.
Siete sicuri che sia così?
Provate mai la sgradevole sensazione di contraffazione, sfoggiando il vostro personale oggetto dei desideri agli eventi che presenziate?
Se vi siete posti il dubbio anche solo una volta, come adesso mentre rispondete mentalmente alle mie domande, siete nel posto giusto. Voglio farvi aprire gli occhi, rendervi più coscienti di ciò che accade in giro e che potrebbe esservi già successo senza che ve ne siate accorti.
L'industria italiana della moda ha subito attacchi ripetuti con l'importazione massiva di articoli falsidei marchi più prestigiosi. Una frequenza travolgente a cadenza mensile, settimanale, giornaliera e un'illegalità sotto ai nostri sguardi, ingenui e trasognanti, mentre ammiriamo un jeans che ci calzerebbe a pennello, dall'altro lato della vetrina.
Se vi dicessi che c'è un luogo dove bastano poche decine di euro per ottenere un completo Gucci, Fendi, Prada o di qualsiasi luxury brand?
Sareste tentati, vero?
Peccato che si tratterebbe di un falso, lontano dall'abilità manifatturiera nostrana come l'antico osservatore del cielo notturno era distante dalla luna dipinta tra le stelle.
Hai mostrato finora la giusta dose di curiosità e va ripagata. L'origine di questi traffici è la Turchia, a poco più di due ore di volo dal nostro paese.
Per chi se lo fosse perso, il 29 ottobre la iena Alessandro Politi è entrata per noi nei meandri del gran bazar di Istanbul, in bunker segreti sotto negozi illegali e in questi business milionari che rubano una grossa fetta di guadagno agli stilisti, oltre al furto della proprietà intellettuale.
Può sembrarvi una cosa da poco ma dietro l'abito che indossate, la vostra maglietta preferita e quel paio di scarpe in edizione limitata ci sono persone, persone che ideano e testano finché non sono soddisfatti del loro lavoro e finché noi non ci riteniamo soddisfatti di ciò che compriamo.
Procediamo sugli stessi passi della iena: il gran bazar di Istanbul.
Migliaia di metri quadri dove è possibile vedere appesi, adagiati su bancarelle o scaffali centinaia di capi falsi. Un commercio fiorente sotto gli sguardi (dis)attenti della polizia locale.
La merce al dettaglio viene venduta a prezzi stracciati, il luogo è meta turistica e altamente popolato, sia di giorno che di notte, ma basta spostarsi nelle zone più isolate, in periferia, per entrare a contatto con i veri traffici: comprare all'ingrosso vuol dire prendere di ogni articolo scelto almeno 5 pezzi di ogni taglia disponibile - meno di 10€ l'uno - per farli fruttare, immessi nel mercato, un valore dieci volte superiore.
La cosa incredibile è che ci sono anche tanti imprenditori italiani ad alimentare questa migrazione illegale verso Italia ed Europa: fanno ordini consistenti, mescolano il falso con l'originale e riversano gli stock alterati come un virus nei vari store, spesso inconsapevoli dei passaggi avvenuti.
Forse ti starai chiedendo:
“Ma come riescono a fare entrare i prodotti contraffati in Italia?”
Presto detto! L'organizzazione, ben radicata e collaudata, ha escogitato oltre tre modalità di elusione dei controlli alla dogana italiana.
Non ho risposte se sono gli unici metodi attuati, sappiamo solo ciò che è venuto a galla grazie al lavoro di Alessandro.
Fingendosi un imprenditore desideroso di “far molti soldi”, ha chiesto garanzie per il trasporto e sono stati gli stessi trafficanti, per accaparrarsi il nuovo cliente, ad elencargli come fare arrivare tutto, o quasi, a destinazione.
C'è chi preferisce farsi spedire i capi imitati all'interno di motori per auto, nascosti, o chi procede facendo due spedizioni, una con le griffe taroccate e l'altra con le etichette per poi “rimontare” gli abiti in Italia.
Oppure l'ultimo.
Quello definitivo, quello considerato il più sicuro, che consiste nell'aprire un'azienda di facciata in Turchia con un capitale sociale di mille dollari, collegarla all'account di un marketplace, come Amazon o Aliexpress, e dichiarare la presenza di un magazzino fittizio nel paese turco. Queste multinazionali hanno già accordi commerciali con rotte navali che paradossalmente facilitano l'entrata dei falsi perché subiscono meno controlli.
La rete così ramificata, sfruttando le varie falle degli organi di controllo, comporta un valore d'entrata in Turchia che si aggira intorno ai 5 miliardi di dollari annui e una perdita subita tra i vari brand falsificati, tra i quali figurano maggiormente nomi italiani, tra il 10% e il 15% del loro fatturato annuo.
Decine di fabbriche, centinaia di dipendenti sottopagati che lavorano incessantemente per replicare migliaia di capi e permettere alle gerarchie dietro di spartirsi il bottino miliardario.
E permettendo agli outlet store fraudolenti di unirsi alla razzia, vedendo inganni.
Come ti sentiresti a lavorare dieci ore e più al giorno per 500€ al mese?
Non riesco a non pensare a cosa avrà provato Alessandro sentendosi affermare, con tono superficiale, a quanto ammonta lo “stipendio medio” dei lavoratori impiegati dall'affarista che gli ha regalato, tra l'altro, un tour nella sua fabbrica di “falsi d'autore”.
Gente disperata che vede, in poche centinaia di euro, la differenza tra una vita di stenti e una piccola sicurezza economica.
Lavorano con la costante presenza dei rumori assordanti delle macchine da cucito, che non si fermano mai e producono maglie, camice e jeans che invaderanno i mercati dell'Europa.
Il climax della catena di montaggio.
Per prima bisogna recuperare gli articoli originali dei brand nei negozi ufficiali, copiare i concept e testare il risultato ottenuto fino a che il grado di somiglianza non si assottiglia, fino a rendere il falso gemello della qualità.
La iena difatti ha deciso di verificare il grado di contraffazione dei prodotti, recandosi ad uno store D&G a Istanbul e ottenendo la piena certificazione di autenticità da parte del titolare e delle commesse. Non contento, ha ripetuto l'esperimento in Italia, a via Montenapoleone, stavolta nel Fendi Store.
Paese diverso, brand differente, stesso risultato.
Rassicurato dal titolare sulla qualità del capo indossato, Alessandro esce dal negozio sconsolato, forse sconfitto.
Ma non è lui che dovrebbe sentirsi così, bensì noi.
Siamo noi ad alimentare questo commercio nel momento in cui scegliamo un outlet che forse neanche ci ispira tutta questa fiducia, attratti solo dal potenziale risparmio sull'alta qualità. Siamo noi a subire l'inganno, a chinare la testa sul prezzo del cartellino, a non soffermarci sul perché un pezzo della stagione attuale si trovi già all'interno di negozi del genere.
Negozi che dovrebbero avere solo collezioni degli anni precedenti.
Scegli il meglio per te, recati solo ad outlet store di fiducia, come quello di Ideal Moda, che da sempre offre la massima qualità di tutte le stagioni che ha trattato negli anni, oppure visita il loro primo store e osa, guarda, tasta il vero made in Italy, rigorosamente scelto per te da Giuseppe e Daniele, i titolari.
Gente per bene e del mestiere da quarant'anni, che indossa ciò che vende e che mai si sognerebbe di truffare la sua clientela.
I falsi non entrano, né dall'ingresso principale né dalla porta di servizio.
Perché il concetto di “falso d'autore” non ha ragione di esistere da Ideal Moda.
Si ringraziano le iene e Alessandro Politi per avermi ispirato e aiutato a diffondere un messaggio importante: “Non si ruba il lavoro altrui.”